In copertina del romanzo ‘L’amore ai tempi del colera’ di Garzia Marquez, guardo il dipinto di Jonathan Skelton – Cupid inspiring the plants with love.
E’ un’immagine che offre pace, a dispetto del Corona Virus, che silente è apparso nelle nostre vite e si è espanso, aggredendo polmoni ignari prima di anziani, poi di tutti, indistintamente.
Sento e guardo il silenzio fatto di assenza in queste strade vuote. Rari si sono levati trilli di bambini in questi giorni, smorzati sul nascere da una presenza adulta, quasi ci fosse la paura a dichiarare che lì c’è vita, vita buona da portare via.
Davanti agli occhi della mente, improvvisamente, una scacchiera, un gioco – rifletto, e osservo il virus incoronato muoversi combattivo, abile, malizioso, subdolo, baro. Sì, baro. Lui imbroglia le nostre vite, si aggancia alla cellula e la penetra, solo così vive.
E torno alla scacchiera: una corona governa il mondo, è pandemia. Una corona virale, e penso a quest’aggettivo accreditato di valenze positive sui social.
E’ virale, è pandemia, siamo sottomessi a una testa incoronata, e la sua potenziale presenza domina gli animi di tutti e là, dove la luce ed il buio non sono in equilibro, si espande offrendo ansia e terrore.
Il Covid 19 è silente, ma quando aggredisce si fa sentire, e come!
Una fiamma pare scottare la schiena ed allora è già tardi.
Occhi persi, cercheranno inutilmente un volto amato.
Il Covid 19 ci prospetta una morte in solitudine.
Cancella i rituali di chi resta e sconvolge gli animi, che non hanno un corpo da piangere.
E’ negata un’ultima carezza di commiato, persino il rito funebre è vietato.
Ma cos’è questo virus che ha ingoiato d’un tratto le nostre vite, certezze, abitudini, la magia che offre la processione sull’acciottolato del camposanto, con cipressi a guardia come angeli del Signore?
Che diritto ha su di noi? Né potenze né maestà… solo tu o Signore, prego.
Prego, e il tumulto del cuore si acquieta e l’occhio torna alla copertina prima descritta, e mi soffermo sul roseo Cupido fanciullo. Torno a respirare serena e si allontana l’immagine della solitudine del silenzio e guardo verso l’amore ai tempi del corona virus.
Penso a mia figlia Michela, coordinatrice presso una struttura ospedaliera, rievoco i racconti suoi e di altri angeli a guardia delle corsie e dei letti in terapia intensiva di chi sta lottando per la vita.
Penso a questo amore universale che in tutto il mondo è in atto, come sempre, più di sempre.
Penso alla ritrosia che proviamo a volte nello stringere una mano e a loro, questi angeli, che offrono una carezza, un sorriso e una parola a sconosciuti pericolosi.
Penso alla luce dei loro occhi, che vedono sì spegnersi vite, ma anche tanti tornare a respirare.
Penso al loro cuore, provato dal dolore, dalla fatica, ma anche dalla gioia di ogni vita riconquistata.
Provo amore per tutte queste persone.
Provo amore e immagino di stringerli in un abbraccio universale, tutti noi insieme, per un grazie.