Il “caso” Ferrante

Sono dieci milioni i lettori nel mondo della quadrilogia dei romanzi de “L’amica geniale”, sette milioni i telespettatori che seguono la serie televisiva, con la regia di Saverio Costanzo, ispirata alla storia di Lila e Lenù.

Un vero e proprio caso letterario il fenomeno Ferrante, da quando la fama della scrittrice, dall’identità nascosta, è diventata mondiale.

Dietro la scelta dell’anonimato ciascuno ha visto una strategia diversa: non apparire per apparire di più, nascondere un’intera squadra di scaltri scrittori con uno pseudonimo, celare l’identità di uno scrittore già noto.

Ma se all’epoca dei primi romanzi “L’amore molesto” e “I giorni dell’abbandono”, questa scelta non ha fatto notizia, le cose sono cambiate con il successo della quadrilogia: da allora quello di Elena Ferrante è diventato un marchio internazionale.

I detrattori certo non mancano anche se la posizione di minoranza li costringe spesso al silenzio. Tacciati di invidia, decidono magari di non esporsi troppo.

Intanto il fenomeno Ferrante non si arresta e li smentisce tutti. La quadrilogia resta saldamente in classifica, ormai da anni, ed è questo un caso quasi unico in un’Italia, in cui, secondo l’ultimo rilevamento Istat, sei persone su dieci non leggono nemmeno un libro all’anno.

Tra gli entusiasti l’italianista Matteo Palumbo, che ha sottolineato come il fenomeno Ferrante sia legato al divertimento che i suoi romanzi sanno suscitare nei lettori. Il professore esclude l’incidenza di un’oculata strategia di mercato su questo successo, riconoscendo la loro intrinseca capacità di coinvolgimento di un pubblico trasversale e di paesi diversi del mondo.

Un racconto di formazione, una saga che attraversa più temi, archetipi con la loro forza attrattiva e in cui ogni lettore finisce col rispecchiarsi. Il tema dell’identità e il confronto con la realtà esterna, origine della “smarginatura”; la questione femminile evocata con un’incredibile potenza narrativa. L’amicizia controversa, ambigua, espressione del groviglio di sentimenti che agitano le passioni degli uomini. La forza del quartiere, tra i protagonisti del romanzo, che tiene incapsulate le storie dei personaggi, detta le regole della convivenza, mettendone in moto gli umori e condizionando le loro scelte.

Meno convinto il filosofo Bruno Moroncini, per il quale la Ferrante è un “dispositivo” perfettamente funzionante in una logica di mercato. Prodotto della cultura di massa, una storytelling caratterizzata da estremo realismo, a volte troppo crudo. Bocciata anche la qualità letteraria dell’opera, non scarsa, invece, secondo Palumbo: “Il nostro immaginario è comunque sufficientemente grande per contenere l’Ulisse di Joyce e Il Conte di Montecristo. Non c’è ragione per cui i film di David Lynch non possano convivere con Casablanca. L’immaginario vince sempre.”

E dieci milioni di lettori sembrano dare ragione a lui e, naturalmente, alla Ferrante.

Vincenza Alfano