“BAGAI” di Samuele Cornalba: un romanzo che scotta
C’è un’età in cui tutto sembra troppo: troppo difficile, troppo confuso, troppo urgente. In
“Bagai”, edito Einaudi, romanzo d’esordio di Samuele Cornalba, questo troppo prende
forma nella provincia piatta e incerta di Pandino, paesino lombardo con novemila anime e
neanche una libreria. È qui che vive Elia, protagonista ruvido e spigoloso, che si porta
dentro un dolore sordo come una bruciatura vecchia, difficile da spiegare, impossibile da
spegnere.
Elia non è un eroe, non è un esempio. È uno dei tanti “bagai” – parola dialettale che in
Lombardia significa semplicemente “ragazzi” – che cercano di trovare un senso a ciò che
provano. Ma Elia fatica a sentire: le emozioni gli si aggrovigliano dentro, senza riuscire a
uscire. Passa le giornate con il pollice sull’accendino Zippo, circondato da amici che non
riesce ad ascoltare davvero, da un padre che tenta, invano, di colmare le distanze. E poi
c’è Camilla, che arriva come una corrente calda, un’intrusione gentile ma ostinata, capace
di scalfire il muro che Elia si è costruito.
Il libro non cerca facili vie d’uscita. Non è una storia d’amore salvifica né un racconto di
formazione tradizionale. “Bagai” è un romanzo che graffia e commuove, che si muove nel
territorio dell’inquietudine senza la pretesa di offrire risposte. Cornalba non edulcora nulla:
la noia delle feste in garage, l’ansia del futuro che incombe, la rabbia che si trasforma in
silenzio. E lo fa con una scrittura sorprendentemente matura, che sa essere lirica e cruda
nello stesso paragrafo, capace di far sentire al lettore la polvere sui muri di Pandino, l’eco
delle chiacchiere nei bar, la solitudine che attraversa gli adolescenti come una malattia
invisibile.
Elia è il simbolo di una generazione che non si riconosce nei racconti precedenti, che ha
ereditato un mondo rotto e si chiede cosa farsene. «Bagai è lui, bagai è Andrea, bagai
sono i ragazzi della provincia» scrive l’autore, mettendo in fila vite sospese, che si tengono
in piedi tra un sogno vago e la consapevolezza di dover andare via, altrove, lontano.
Berlino, Amsterdam, ovunque, purché non sia lì, dove “si sprecherebbe tutta la vita in una
merda di palude”.
Samuele Cornalba racconta ciò che conosce: la testa e il cuore di chi ha vent’anni oggi. E
lo fa senza sovrastrutture, con immagini che restano addosso e dialoghi che sembrano
rubati a una chat, a un messaggio vocale, a un pomeriggio passato a guardare il soffitto.
In “Bagai” non c’è la pretesa di parlare per tutti, ma c’è la forza rara di chi scrive con
urgenza, con verità.
Il risultato è un romanzo che somiglia a un pugno nello stomaco, ma anche a una carezza
inaspettata. Perché dietro la rabbia di Elia, dietro la sua apatia e la sua paura, c’è un
desiderio potente: quello di sentirsi, finalmente, vivi.
Bagai è un romanzo necessario per chi vuole capire davvero cosa si agita nella testa e nel
cuore della generazione Z, senza sovrastrutture e senza paternalismi. È un libro che parla
ai ragazzi, ma anche agli adulti che hanno dimenticato com’era sentirsi fuori posto, senza
pelle, pieni di rabbia e desiderio. La scrittura di Cornalba è autentica, fatta di immagini
vive, dialoghi veri e un dolore che non chiede pietà ma ascolto. È una lettura che scuote,
perché ci riguarda tutti: chi ci è passato, chi ci sta dentro, e chi vorrebbe capire.

Mauro Galliano