Chi non ricorda il grande Eduardo De filippo nelle vesti di Luca il capo famiglia di “Natale in casa Cupiello” chiedere al figlio Tommasino “Te piace ‘o presepe?” e di ricevere da quest’ultimo un secco “no!” solo per il gusto di disobbedire. E ancora la successiva descrizione di ciò che lui stesso, Luca,  avrebbe realizzato nel pieno rispetto della tradizione presepiale napoletana, nella speranza di ricevere attenzione dal figlio.  E sì perché a Napoli con il presepe non si scherza. I pastori sono tanti e Luca sa che nessuno può mancare. Di certo la rappresentazione della Natività è d’obbligo, ma anche il bue e l’asinello, i re magi, i venditori di cibo, ciascuno per ogni mese dell’anno, il cacciatore, le lavandaie, benino e tanti altri, e… il pastore della meraviglia, quello che in fondo dovrebbe rappresentare un po’ tutti noi, con le braccia allargate e lo sguardo gioioso rivolto alla  natività. E no! Quello no! Non può mancare.

Mi sembra di vederlo “Lucariello”, contro lo scetticismo dei suoi familiari, andare di corsa a S.Gregorio Armeno alla ricerca del suo “Pastore della meraviglia”, e di scoprire con stupore che i pastori in vendita nelle botteghe degli artigiani sono tanti, molti di più di quelli tradizionali. Statuette bellissime che avrebbe sicuramente acquistato, se ne avesse avuto la possibilità, ma che non avrebbe mai posto nel suo presepe; primo perché non vi avrebbe trovato una giusta collocazione, e poi perché la moglie Concetta e il disincantato Tommasino avrebbero sicuramente  avuto da ridire.

Come Luca anche noi possiamo fare in modo che nulla manchi sul nostro presepe, così che il Natale alle porte non ci colga di sorpresa. Tuttavia a fare davvero la differenza sappiamo bene che non è la quantità, ma la qualità delle cose. A tal proposito vorrei rileggere insieme a voi una bella poesia di Trilussa proprio sul presepe.

Buona lettura e ancora auguri.  

Er Presepio di Trilussa

Ve ringrazio de core, brava gente,
pé ‘sti presepi che me preparate,
ma che li fate a fa? Si poi v’odiate,
si de st’amore non capite gnente…

Pé st’amore sò nato e ce sò morto,
da secoli lo spargo dalla croce,
ma la parola mia pare ‘na voce
sperduta ner deserto, senza ascolto.

La gente fa er presepe e nun me sente;
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l’amore
è cianfrusaja che nun cià valore.

 

Carlo De Cesare