Non stupisce il nuovo lavoro di Anita Curci “Nina o sia la pazza per amore” per Kairòs edizioni, tanto per il tema trattato, quanto per la dovizia di particolari storici che ne fanno da cornice. Chi conosce la giornalista scrittrice, ed ha avuto modo di apprezzare il suo precedente lavoro “Non mi vendo” Apeiron  Edizioni, sa che l’autrice oltre ad essere brava a narrare storie di fantasia sullo sfondo di contesti storici, ripercorre in qualche modo non solo l’evoluzione della figura femminile in quell’ambito, ma anche e, più in generale, il difficile percorso di affermazione sociale della donna.

Un argomento caro alla Curci, sicuramente metabolizzato dalla passione per i testi storici, ma anche e più semplicemente dai  racconti familiari tramandati e rimasti indelebili nel cuore. Solo così è possibile amare i personaggi prima ancora di farli rivivere tra le righe di un romanzo, permettendo a loro volta di amare e coinvolgere emotivamente il lettore. Solo così è possibile parlare di Vincenza in “Non mi vendo”, partigiana innamorata follemente di un fascista, o di Nina, come in quest’ultimo lavoro,  costretta a nascondere la sua femminilità in una società maschilista che non può riconoscere alla donna un ruolo diverso da quello canonico. Un espediente sperimentato più volte, nel reale come nell’immaginario letterario, in modi diversi, ma con un unico scopo: la sopravvivenza. Donne forti e coraggiose che preferiscono scegliere l’impervia  strada  della lealtà e della coerenza, piuttosto che quella molto più comoda dei compromessi.

Ecco quindi che una nota opera di Paisiello, dalla quale è stato preso in prestito il titolo del volume,  andata in scena tra l’altro per la prima  volta  nel Regno di Napoli a San Leucio nel 1789, diviene virtualmente  il riferimento temporale dell’inizio della storia, sullo sfondo dei movimenti culturali e politici dell’epoca, a valle della rivoluzione francese e verso lo sventurato  ’99 napoletano. Antonina Scarca, o più semplicemente Nina, la protagonista del racconto di Anita Curci, non sarà solo “il” giovane marchese del feudo ai confini del regno di Ferdinando di Borbone, che proverà a ridare dignità e benessere alla sua famiglia, ma un pretesto dell’autrice per raccontare della Napoli di quel tempo,  di luoghi e vicende reali perfettamente intrecciate con la storia raccontata, della condizione subordinata della donna,  poco considerata, o persino sgradita come madre  se  di indesiderate figlie femmine. Una storia di nobiltà decadute, di povertà morali e materiali, di beghe ed interessi, di illusioni e tradimenti. Un racconto coinvolgente, egregiamente reso dall’autrice anche attraverso i  dialoghi tra i personaggi della storia nel rispetto delle espressioni dialettali del tempo. Un romanzo per immergersi in un periodo storico controverso, ma proprio per questo affascinante.

Carlo De Cesare