1945-2020

25 aprile 1945. La primavera italiana. Sono trascorsi 75 anni da quella data. Traguardo e inizio di un percorso nazionale tutt’altro che compiuto. C’è ancora tanto da fare. E lo dimostrano, ove mai ve ne fosse necessità, le tante inutili, quanto dannose, bagattelle tra nord e sud di questi giorni, sostenute purtroppo anche da colleghi giornalisti. Per non parlare poi della sciocca ricerca, in tema sanitario, di inesistenti primati territoriali da rivendicare a tutti i costi. Ma tant’è.

Abbiamo pertanto pensato di rileggere, profittando di questo anniversario, quella pagina di storia del nostro paese, così come è, senza interpretazioni, come ha fatto per noi l’assennato prof. Guido d’Agostino sottotitolando il suo scritto con una espressione quanto mai puntuale “dalla liberta alla liberazione”.

Buona lettura, ma prima permettetemi due ringraziamenti. Uno a Guido per averci accompagnato, come sempre, tenendoci per mano, tra le pagine della nostra Storia. E l’altro al bravissimo Diego Moreno che ci ha regalato questa stupenda versione originale di “Bella Ciao”.

Buon 25 aprile

Carlo De Cesare

E’ sempre complicato rapportare fra loro momenti particolari della storia del Mezzogiorno e la vicenda storica nazionale più generale. A tal punto, che non si è esitato, anche nel recente passato, ad affermare che ai grandi appuntamenti con la storia del Paese, il Sud non c’è mai oppure vi arriva fuori tempo. Ovviamente, prima dell’Unità nazionale (1860-61), il discorso si pone in termini ancora diversi e semmai anche più radicali, essendo la penisola italiana tutta un agglomerato di entità geopolitiche assai diverse, per storia, cultura, economia.

Dall’Unificazione in poi, si delinea e consolida l’egemonia sociale e politica delle regioni centro-settentrionali (queste ultime, in particolare) rispetto a quelle meridionali e insulari. Lo si osserva nel corso della metà del secolo XIX e via via nel primo Novecento; età giolittiana, Grande Guerra, fascismo. E proprio nel cuore del “secolo breve”, il secondo conflitto mondiale e a partire dagli anni Quaranta, la parabola che contiene la caduta del fascismo, l’armistizio, Tedeschi e Alleati a contendersi il territorio, da sud verso nord, fino al fatidico 25 aprile del 1945, con l’insurrezione delle grandi città industriali e il culmine vittorioso della lotta armata partigiana, Da questo momento, inizia un processo che accanto all’uscita dal tunnel della devastante guerra e della rovinosa dittatura, vede anche ricomporsi la storia nazionale su un binario nuovamente unico e unitario, dopo i circa due anni nei quali Sud, Centro e Nord del Paese avevano compiuto percorsi totalmente distinti e diversi.

In pratica, Sicilia e Mezzogiorno continentale sono stati i primi ‘pezzi’ del mosaico italiano che andava lentamente ricomponendosi. Napoli, in particolare, aveva compiuto il ‘miracolo’ di liberarsi da nazismo e fascismo prima ancora che entrassero in città gli anglo-americani, alla fine di settembre del 1943 e attraverso la sollevazione popolare delle Quattro Giornate. In effetti, si organizza, con capitale Salerno, dopo la breve parentesi brindisina, il Regno del Sud, in sostanza l’Italia liberata dagli Alleati, mentre altrove Tedeschi e il risorto fascismo strutturano e sostengono la Repubblica Sociale Italiana.

Dura due anni circa tale stato di cose, ma non si può dimenticare che ciò comporta pure che sia del tutto lecito affermare che la Resistenza è cominciata al sud e che l’intero biennio abbia visto la Campania, in special modo, rappresentare come un modello e un “laboratorio” dell’intera transizione dal fascismo alla Repubblica. E’ un punto sociale e politico cruciale, e ci aiuta a comprendere come da noi si sia svolto un processo, in tempi e modi sfalsati rispetto al resto d’Italia, ma peculiari e specifici rispetto al determinante e determinato contesto locale. Si è al riguardo giustamente affermato che Napoli ha compiuto l’attraversamento nella storia generale coeva nei termini di una traiettoria originale e tempestiva “dalla Libertà alla Liberazione”.

Ma questo spiega pure come il 25 aprile di 75 anni fa sia stato qui vissuto senza la grande enfasi o la partecipazione popolare che vi è stata altrove; certo, la fine di un periodo terribile ha riguardato e riguarda tutti, ma resta il dato che l’istinto di libertà è da noi scoccato prima, e quasi due anni dopo nei napoletani è già subentrato il bisogno di protezione, il secondo dei due opposti poi entro cui oscilla il pendolo della storia nostrana.

Non sarà un caso che nell’incontro a Napoli tra delegati del Comitato di Liberazione Alta Italia (tra cui Lombardi, Pertini, Sereni ed altri) ed i responsabili del CLN napoletano vi sia (ai primi di maggio ’45) in cui si confrontano temi, problemi e prospettive, caratterizzanti i territori dell’una e dell’altra parte, sia stato sottolineato da Sereni che ormai in Italia avrebbe dovuto soffiare non già un vento del nord né un vento del sud, bensì l’unico vento della democrazia per tutti e dappertutto. A sua volta, da Maurizio Valenzi, sia stato raccomandato che non si ripetessero più errori e situazioni del passato, che le due parti in cui era stata tagliata l’Italia si ricomponessero in una relazione finalmente paritaria e che risorse, strumenti e strutture non si concentrassero solo al nord lasciando il Mezzogiorno sguarnito e arretrato.

Difficile poter dire che le cose da allora in poi siano davvero andate per il verso giusto da noi, ma non si deve dimenticare che dalla Liberazione sono nate o si sono prodotte nel lasso di un biennio due eventi eccezionali, decisivi: la nascita della Repubblica e il varo della Costituzione repubblicana, democratica e antifascista. Sono stati e restano l’eredità straordinaria di una stagione indimenticabile e di cui ci sentiamo italianamente orgogliosi, nella consapevolezza di avervi concorso, partecipato e contribuito; al modo nostro, insomma, ma potendo sicuramente dire “noi c’eravamo”!

Guido D’Agostino, presidente Istituto Campano per la Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’ Età Contemporanea “V.Lombardi”