Si può comprendere come il termine-concetto con il quale più comunemente si stia facendo riferimento in relazione all’emergenza in atto richiami la guerra e il suo carico di esperienze negative e annichilenti.
Tuttavia, mi tocca avvertire, magari per eccesso di deformazione professionale e per essere stato testimone in tenera età, che l’unica guerra che vedo in atto oggi è quella tra scienza e natura, tra fattore umano distruttivo e ambiente . Per il resto, non mi pare che il distanziamento sociale e l’auto-isolamento siano assimilabili ai bombardamenti, al coprifuoco, all’assoluta mancanza di cibo e generi di prima necessità. Più a proposito parrebbe forse il ragionare sugli effetti economici collegati, e dunque il discorso, che appena si sta avviando, su come si riavviano società, economia e sistema delle istituzioni politiche dopo devastanti fenomeni, la guerra ieri e la pandemia oggi.

Ed è in effetti a questo riguardo che vale ricordare come l’ultima e più dura fase di guerra (1943-45) sia stata accompagnata dalla lotta armata partigiana, contro il nazifascismo, fino alla Liberazione finale (25 aprile, per citare la data canonica). Immediatamente a ridosso, la progressiva ricostruzione dell’egemonia politica moderata, del sistema economico-sociale connotato in senso capitalistico, dello Stato-apparato, con i partiti, la burocrazia, l’esercito, la diplomazia: tutto sotto l’ombrello occidentale a trazione americana, sullo sfondo dei primi vagiti emessi dal nascente progetto di Europa delle buone intenzioni e di un po’ di buona volontà. Di certo, ne è sortita la poderosa ricostruzione materiale, culminata nel decennio del “boom” economico: in mezzo, non si dimentichi, la dissoluzione del regime fascista, la nuova forma repubblicana, l’Assemblea Costituente e infine la nascita della Costituzione democratica (1948), con l’accantonamento definitivo del più che logoro Statuto albertino (1848-1948).

Insomma, uno sforzo enorme, tutto sommato concentrato e a molte direzioni, che racchiude al suo interno l’atto dell’espulsione delle forze di sinistra dal governo al capo del quale il democristiano De Gasperi aveva già da tempo sostituito l’azionista, ex partigiano, Ferruccio Parri. Su questo raffronto col passato si intende aprire la discussione attorno a quel che ci aspetta? Allora forse si può sostenere che la Resistenza di oggi è a sua volta rappresentata da quella parte della società civile che sta subendo e accettando enormi sacrifici mostrando anche solidarietà e coraggio, oltre che un più che accettabile grado di collaborazione. Subito dopo, possiamo aspettarci voglia e forza di rifondare e rifondarsi attraverso un processo “ri-costituente” che proceda però senza cacciare nessuno? E ancora, ci sarà l’intenzione di rimettere mano alla riforma radicale del ‘pianeta’ burocrazia, di cui duole essere costretti a dire che è da tempo divenuto il vero tallone di Achille dell’intero Paese? Si sentirà risuonare i richiami di assetti economico-sociali più umani, più giusti, più inclusivi, di qualcosa che coniughi non solo legge e ordine , ma libertà e giustizia, onestà e cultura?

Vorrei sbagliarmi, ma tenderei ad accogliere con un sorriso un po’ amaro il chiacchiericcio su come e quanto risulteremo migliori nel dopo-virus. Davvero possiamo contare di possedere e volere mettere in campo lo spessore umano, la tenacia, la visione di futuro che hanno avuto i nostri padri e nonni? E di essere in grado di chiudere con angustie personalistiche, ipocrisie, conformismi, qualunquismo, indulgenze auto assolutorie e via dicendo? Ma se davvero sarà o sarebbe così. Altro che “miracolo a Milano”: avremmo rifondato l’Italia tutta e con essa rifatto pure, e finalmente, gli Italiani!

Guido D’Agostino, presidente Istituto Campano per la Storia della Resistenza