Quando la realtà si spezza sul volto: I baffi di Emmanuel Carrère

Quando la realtà si spezza sul volto: I baffi di Emmanuel Carrère
Cosa succede quando un gesto quotidiano, apparentemente banale,
apre una frattura nella realtà? È la domanda che percorre I baffi
(Adelphi), breve romanzo disturbante di Emmanuel Carrère,
scrittore, sceneggiatore e regista tra le voci più originali della
letteratura francese contemporanea.
Il protagonista – un uomo comune, senza nome, senza tratti
distintivi – decide un giorno di radersi i baffi. Un piccolo
gesto, quasi uno scherzo, forse un desiderio di leggerezza. L’aspettativa è quella di sorprendere la moglie, coglierla di
sorpresa con un viso “nuovo”. Ma la sorpresa si trasforma presto in angoscia: la moglie sostiene di non ricordare quei baffi.  Anzi, giura che lui non li ha mai avuti. E lo stesso dicono amici, colleghi, conoscenti. Da quel momento, tutto vacilla. Il protagonista si ritrova immerso in una realtà che non riconosce più. La sua identità sembra liquefarsi sotto lo sguardo indifferente – o complice – degli altri. È impazzito? Sta subendo un’allucinazione? Oppure è vittima di un complotto oscuro, ordito da chi gli è più vicino, per farlo dubitare della propria sanità mentale?
Carrère costruisce un romanzo breve ma tesissimo, che sfuma i confini tra il reale e il paranoico. L’atmosfera si fa via via più opprimente, con echi kafkiani e rimandi espliciti a Philip K. Dick, autore cui Carrère ha dedicato anche una biografia. Il lettore si trova trascinato in una spirale psicologica sempre più claustrofobica, in cui nulla è più certo: né la memoria, né l’amore, né la propria immagine riflessa allo specchio. Pubblicato per la prima volta nel 1986 e recentemente ristampato in Italia, I baffi è un esempio perfetto della scrittura inquieta di Carrère, capace di esplorare con lucidità il fragile equilibrio su cui si regge la percezione del mondo. Un romanzo che si legge in poche ore, ma lascia una lunga scia di domande e inquietudine.
Chi siamo, se gli altri non ci riconoscono? Quanto conta lo sguardo dell’altro nella costruzione della nostra identità? E cosa resta, se quel patto implicito tra realtà condivisa e realtà percepita si rompe?
Carrère, autore di opere ibride tra romanzo e reportage (L’avversario, Vite che non sono la mia, Limonov), qui si muove su un terreno più strettamente letterario, ma con la stessa capacità di spingere il lettore a interrogarsi, a dubitare, a scrutare il margine sottile tra verità e follia.
Un libro che, a quasi quarant’anni dalla sua prima pubblicazione, conserva intatta la sua forza disturbante. Perché l’incubo, a volte, comincia proprio con un gesto da nulla: un paio di baffi che scompaiono, e un mondo che smette di riconoscerciCi sono libri che non raccontano semplicemente delle storie, ma riescono a fermare il tempo, i momenti, come scatti improvvisi che rivelano dettagli invisibili a occhio nudo. Undici. Non dimenticare, l’ultimo lavoro di Andrej Longo, pubblicato da Sellerio, è uno di questi. Undici racconti, undici volti femminili, undici vite che si muovono tra Napoli e la sua provincia, tra strade trafficate, palazzi popolari, odore di mare e di cemento. Ci troviamo ad osservare undici istantanee che, pur nella brevità del racconto, riescono a restituire interi mondi interiori.

Mauro Galliano