Dal TGR Campania del 19 febbraio 2007 ore 14:00. Un giornalista al bivio della sua esistenza che dopo aver nascosto il suo cuore in una tana di solitudine e di disamore, nell’illusione di soffrire meno, lo ritrova in un viaggio straordinario nella magia della consapevolezza di sé.
Ha ragione Annalena nel dire che quando ci siamo incontrati sembrava come se ci conoscessimo da sempre. Quando si scrive con il cuore si lascia sempre trasparire un po’ di sé e in questo “Il giorno dell’Orso” è un libro aperto. E poi rimanendo in tema… mi sa che i nostri angeli custodi si erano già presentati.
Carlo De Cesare
Il commento di Annalena Somma 14 anni dopo
“Era una notte buia e tempestosa”, cioè una giornata grigia e piovosa del febbraio 2007 ed io non avevo ancora compiuto 60 anni. Troppo pochi per l’eternità, ma troppi per una scrittrice esordiente. Decisamente mugugnavo nel taxi che mi stava portando alla RAI di Napoli. Due ore, per me tantissime, davanti ai miei vestiti nell’armadio mi avevano convinta che, non avendone nessuno all’altezza della situazione, una maglia nera anonima e un jeans improbabile potevano farmi sentire almeno meno a disagio. In quella situazione inedita il mio io giudicante non sapeva dove collocare l’altro io, quello reale ed intimorito. Nel ruolo di medico, moglie e mamma, facendo l’elenco in ordine inverso di importanza, o in quello di cantastorie da strapazzo? Mi ero messa a scrivere improvvisamente qualche anno prima. Un romanzo, “Vieni vita vieni”, una sorta di diario dalla adolescenza alla maturità e poi come se non bastasse un altro ancora “Il giorno dell’orso” sugli angeli. Angeli che sono i protagonisti e che recitano la loro parte parallelamente a quella dei personaggi reali della storia. Insomma roba da pazzi. Gli amici, i colleghi, la famiglia e tutti quelli che mi avevano sempre considerata equilibrata e rispettabile avrebbero potuto mettermi alla berlina. E invece no. Il romanzo era piaciuto, ed anche molto, prima di tutto a mio marito e ai miei figli e credo a tanta gente. Ok tutto poteva tornare però stavo rischiando di scoprire, in età non più giovane, che per una vita avevo fatto tante cose pensando che fossero quelle giuste per me ma di farne, poi, imprevedibilmente delle altre divertendomi talmente tanto da chiedermi, forse con rammarico, perché non avessi fatto sempre quelle. Le seconde intendo. Mah, la vita a volte è così. E quel giorno di febbraio stavo andando da un giornalista della RAI che avrebbe potuto farne polpette delle mie certezze fantasiose e delle mie aspirazioni velleitarie. Tra telecamere e spazi enormi degli studi mi trovai difronte Carlo, Carlo De Cesare, l’ideatore della prestigiosa rubrica “Lo Scaffale”. Una sensazione subito rassicurante. Ridemmo e chiacchierammo insieme come se ci fossimo conosciuti da sempre. Carlo lo aveva letto davvero il mio romanzo e gli era pure piaciuto! Ma dai. Ti siedi su questo sgabello ok. Io metto un video e una musica ok. Cerca di essere te stessa, perfetto. Io parlo spedita, senza vuoti mentali e non m’impappino nemmeno. Credo addirittura di non aver detto sciocchezze. Persino divertente vai. Ancora adesso, dopo tanti anni, quando attingo a quella bella esperienza umana, il cuore mi batte forte. Carlo mi aveva capito e, forse, riconosciuta come persona e come scrittrice ribadendo, con grande semplicità, ciò che anch’io avevo sempre pensato e che tutt’ora penso provando ad agire di conseguenza pur senza riuscirci sempre. Se fai sentire l’altro unico come in realtà è, lo fai esprimere al meglio qualsiasi cosa faccia o voglia fare nella vita. Annalena Somma Napoli, marzo 2021