Tra pochi giorni sarà l’otto marzo. La Festa della Donna. Più propriamente, Giornata internazionale della donna, dedicata al ricordo delle conquiste politiche e sociali delle donne, e all’impegno ancora necessario per il raggiungimento di una parità dalla quale purtroppo siamo, nonostante tutto, molto lontani. Lo dimostrano le tante realtà, soprattutto lavorative, nelle quali le donne sono impegnate, lottando quotidianamente con un maschilismo ancora fervidamente presente. Basti pensare alla presunta instabilità psichica attribuita alla donna nel periodo post ovulatorio, a causa della quale, per esempio, non poteva accedere alle urne elettorali.  Una baggianata che oggi farebbe sorridere, ma che invece dà una esatta valutazione di quanto davvero sia solo tutto un preteso per non riconoscere quella parità, se non addirittura la superiorità della donna rispetto all’uomo, non fosse altro che per il ruolo predominante nella procreazione. Ma le cronache di oggi, come quelle di ieri, continuano a raccontarci storie di sofferenza, di un copione che sembra non voler cambiare il ruolo dei suoi protagonisti, nonostante le conquiste e gli spazi guadagnati, con tanti sacrifici e sotto gli occhi di tutti. Forse è proprio questo il vero motivo del gender gap. Il timore sempre più concreto di un inaccettabile ribaltamento dei ruoli. Una probabilità non remota che sconvolgerebbe quell’equilibrio apparentemente stabile al quale siamo abituati da millenni. Ma cosa pensano realmente le donne di tutto questo? Il maschilismo, ovvero la presunta superiorità dell’uomo è un dato oramai incontrovertibile?  Di volumi sull’argomento ne sono stati scritti tanti. Noi però ne abbiamo scelto uno in particolare, anche se di qualche anno fa. L’abbiamo fatto per due motivi il primo è che rispetto ad allora poco o nulla è cambiato (ma non ci voleva molto ad immaginarlo) il secondo motivo è che questo volume è uno dei pochi ad analizzare quell’aspetto di resilienza al dolore della donna che le consente di trasformarlo in forza. Stiamo parlando di “Malamore” esercizi di resistenza al dolore, di Concita De Gregorio, per Mondadori Editore del 2008.

“Il malamore è una gramigna, cresce nei vasi dei nostri balconi. Sradicarlo costa più che tenerselo. Dargli acqua ogni giorno, alzare l’asticella della resistenza al dolore è una folle tentazione che può costare la vita. “

Sono storie di dolore, non a caso il sottotitolo cita la “resistenza al dolore” quella stessa alla quale tante donne sono purtroppo assuefatte, e che ci spinge a porci delle domande sul perché di questa abitudine comune, e sul legittimo dubbio che, anche quella comunemente definita dipendenza affettiva, possa essere causa di manipolazione, abuso, sopruso.

Una tendenza che viene trattata nel volume prendendo ad esempio quelle esistenze sgualcite, figlie di una crepa sociale che, erroneamente, ancora oggi, vede le donne come l’anello debole della catena. Per rendere, in maniera diretta l’idea, il testo si apre con una fiaba, dove l’amore incondizionato di una topolina nei confronti di un gatto, la pone nella convinzione di poter credere di sovvertire l’ordine naturale delle cose, rimanendo essa stessa poi vittima del suo predatore.

Un esempio calzante, quanto mai veritiero, riguardo alla incapacità delle donne di vedere oltre, di essere pronte a sostenere e supportare comunque il proprio uomo, giustificando, a volte, anche quei comportamenti poco ortodossi.

Grazie a questo volume ci introdurremo nello sguardo atterrito della giovane venduta dalla famiglia e data in pasto a dei criminali senza scrupoli; nella vita di una prostituta, così come in quella di una giovane donna stroncata dalla ferocia di quell’uomo che diceva di amarla.

Storie di “resistenza al dolore” che ci spingono a rielaborare il senso dei rapporti umani, magnificando l’essenza della natura femminile. Il volume, infatti, attraverso le tante storie vere raccontate, non intende sottolineare i comportamenti negativi degli uomini, per quanto siano da biasimare, ma ne analizza quasi scientificamente e in maniera acuta e originale contesti e rapporti.

Storie che, pur essendo di circa venti anni fa, sono purtroppo specchio del nostro presente.

Le incredibili morti delle tante giovani donne come Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano, inconsapevoli eroine di un’epoca, in cui le donne continuano a non avere un vero e proprio spazio decisionale, quello spazio che nello specifico avrebbe consentito, in maniera civile, di liberarsi da relazioni a dir poco ossessive. Ma la donna appartiene, la donna sopporta, subisce, cura, con una pazienza atavica, connaturata nella sua storia di essere donna.

Malamore, storie di resistenza al dolore, è un’opera che invecchiando non perde la sua forza, anzi la accresce. Con questi racconti di vita, infatti, l’autrice pisana, sprona le donne a riflettere e a trovare il coraggio di guardare in faccia alla realtà, anche quando fa più male.

Anna Di Fresco