In Italia ne soffrono 11 milioni di persone. Il male oscuro di Giuseppe Berto, la depressione maggiore di Pomella è paura di vivere, paura di scrivere, paura di avere paura. Tante sono le ipotesi ma una la via di guarigione: l’amore di un padre per il proprio figlio e un figlio che ritrova suo padre.
L’intima narrazione di Andrea Pomella convince per i toni e la misura di un racconto scomodo, condotto con sobrietà, a volte distacco ironico, coraggiosa denuncia.
Nella serata di gala del 18 dicembre, condotta da Conchita Sannino, al teatro Mercadante, proclamati i tre vincitori della 65esima edizione: per la sezione “Narrativa”, Andrea Pomella con “L’uomo che trema” (Einaudi); nella stessa categoria erano candidati Giulio Cavalli con “Carnaio” (Fandango), e Maria Pace Ottieri con “Il Vesuvio universale” (Einaudi) ; per la “Poesia”, Nanni Cagnone con “Le cose innegabili” (Avagliano), in finale con Francesco Nappo con “I passeri di fango” (Quodlibet) e Tiziano Scarpa con “Le nuvole e i soldi” (Einaudi); per la “Saggistica”, Gian Piero Piretto con “Quando c’era l’URSS” (Raffaello Cortina), in gara con Paolo Isotta con “La dotta lira” (Marsilio), Salvatore Silvano Nigro con “La funesta docilità” (Sellerio).
Assegnati anche i premi delle categorie speciali a Delphine Minoui, Gabriele Salvatores, Vincenzo Maria Siniscalchi, che ritirano il premio sul palco, mentre Claudio Magris assente ha inviato un videomessaggio intervista.
La giornalista francese Delphine Minou, esperta di problemi del Medio Oriente e autrice del bestseller “Gli angeli dei libri di Daraya”, è insignita del Premio “Internazionale”. Il regista Gabriele Salvatores, già premio Oscar, reduce dal recente successo del road movie ”Tutto il mio folle amore”, si è aggiudicato il Premio “Cultura”. A Vincenzo Maria Siniscalchi, avvocato, più volte deputato e componente del Consiglio superiore della Magistratura, nonché esperto di cinema è andato il Premio “Napoletani illustri”. Allo scrittore e saggista Claudio Magris, per il suo impegno europeista il premio Scrittori per l’Europa.
Un piccolo evento nell’evento, a incorniciare la cerimonia finale, la presentazione, in anteprima assoluta del mini film di Canio Loguercio “Mia cara madre”, rivisitazione in chiave moderna di “Lacrime Napuletane” famosa canzone del repertorio classico partenopeo, scritta da Libero Bovio. Un’emozione che arriva forte e immediata fin dalle prime note, quando, sulla melodia antica, si innestano voci e volti nuovi. Il dramma dei migranti, da un secolo all’altro, è sempre lo stesso. Come se la storia non avesse insegnato nulla. Il monito adesso è fermare l’eccidio dei migranti nel Mediterraneo.
Emozioni e impegno sono la cifra distintiva del Premio Napoli, che conferma la sua vocazione a promuovere la cultura come strumento di cambiamento della realtà. A partire da Napoli, dove la Fondazione opera attivamente con una lunga serie di attività, laboratori, incontri, brevi rassegne per portare ovunque il valore della lettura e raccordare parti contigue e distanti della città. Momenti di confronto necessari alla reale condivisione di contenuti culturali e civili in nome di una cultura militante e finalmente schierata per un progetto di rinascita delle periferie, degli emarginati, dei più giovani.
“Cultura vera per resistere, per affrontare questione complesse, per partecipare ai grandi problemi del nostro tempo, provando a fare la differenza e a cambiare le cose”, avverte l’avvocato Domenico Ciruzzi, presidente della Fondazione, che fa dell’impegno e dei libri impegnati la vera e propria bandiera del Premio per tutti gli anni a venire.
Vincenza Alfano