– Ehi Rosso – cinguettò il passero Domingo.
Planò in direzione di un grosso pino dalla cima segata. Delicatamente, si appollaiò sul ramo più alto, accanto ad un passero scarlatto dal becco nero.
– È un po’ che non ti si vede – attaccò Domingo.
– Già.
– Che fai?
– Osservo.
Domingo seguì lo sguardo del Rosso. Puntava dritto, attraverso i vetri di una grande finestra della casetta in legno dinanzi a loro. Svaccato sul divano, un uomo in mutande giaceva inerme.
– Facciamo un giretto?
– Ho da fare.
– Ma dai – disse Domingo ammiccando con l’ala, – il fagiano Berry fa il suo spettacolo in strada, devi vederlo, mima uno stupido capriolo, ahah, cammina tutto storto, gli occhi che vanno per i cazzi loro, dai, ci facciamo due risate.
– Uno di questi giorni finirà spalmato sull’asfalto.
– E da chi? Di auto ne passano sempre meno – Domingo gonfiò il petto – senti che aria, guarda che cielo, è una giornata fantastica.
Il Rosso restò inerte, muto, col becco dritto sull’uomo.
– Mi dici cos’hai da guardare?.
– È da un po’ che quelle bestie sono strane.
– Strane? – si sorprese Domingo – A me sembra che siano sempre state strane, e finalmente hanno ritrovato un briciolo di buon senso. Godiamocela Rosso!
– Vorrei poterlo fare, ma sarebbe un grave errore – rispose angosciato.
Domingo si avvicinò a lui. Gli mise un’ala sulla schiena.
– Faresti meglio a guardarti dai falchi, – lo confortò sottovoce – gli uomini ormai sono innocui.
Il Rosso si tolse bruscamente di dosso l’ala dell’amico. L’osservo bieco.
– Ti sbagli Domingo.
L’uomo diede i primi segnali di vita. Si stropicciò il viso. Tirò su il busto. Pareva un tronco massiccio. Impacciato, si alzò in piedi e sparì dalla loro vista.
– Va a prendere il fucile?
– Taci! Sei tu l’idiota. Quelle bestiacce non sono cambiate. Non l’hanno mai fatto. Vedrai.
– E dai, calmati. – disse Domingo, cercando amichevolmente lo sguardo del Rosso, – Sai, l’altro giorno sono passato dalla città. Ho incrociato un paio di amici piccioni. Mi hanno raccontato che gli uomini stanno morendo. Cadono come le foglie d’autunno. Sono agli sgoccioli. Non senti la paura che emanano da dentro i loro nidi?
– Non credevo che potessi dar retta a chi elemosina pane alle bestie. Vedi, sono più tenaci di quanto sembrano. Se ascoltassi ciò che cantano i più anziani, o i viaggiatori, sapresti che da sempre, ogni giorno, gli uomini rischiano l’estinzione, eppure guardali… In qualche modo ce la fanno sempre. Solo che non capisco cosa faranno adesso. Se ne stanno tutto il giorno con una tavoletta luminosa in mano – l’uomo, intanto, se ne tornò sul divano con lo sguardo nel telefono – ma so, lo so cazzo, presto usciranno dai nidi, e dammi retta, l’aria puzzerà più che mai ed il cielo diverrà nero pece, e saremo noi allora a cadere come foglie d’autunno.
Domingo restò zitto, il becco basso e gli occhi pieni di scura mestizia. Alzò poi lo sguardo alla finestra.
L’uomo, d’un tratto, sclerò e lanciò via il telefono. Domingo sussultò.
– Ascolta, Rosso, ho saputo del tuo nido e …
– Non pigolare – volgendosi severo a lui – solo loro possono fermarsi, ma questo non mi impedirà di cagargli in testa. Attendo solo che escano.
Il Rosso tornò col becco puntato verso l’uomo.
– Stammi bene – disse Domingo, e svolazzò via.

Mi affacciai alla finestra. Il cielo sembrava più grande con gli alberi potati. Avevo già perso una mattinata, mezzo pomeriggio e dieci euro a poker. Un passero scarlatto pareva una fiammella appiccata su quel ramo. M’osservava torvo. Credo ne avesse tutte le ragioni. Andai a prepararmi una cenetta, convinto che quella fiamma non mi avrebbe mai raggiunto.