Quella mattina Patrizia stava facendo i conti con l’ennesimo tassello del puzzle infinito che era il suo conflitto con se stessa. Giovane napoletana di bella presenza ed ottime competenze professionali, scappata dal suo soffocante paesino per respirare aria di libertà e di “nuove ipotesi di vita”, mai avrebbe immaginato un epilogo così surreale alla sua avventura milanese. Intanto, l’ansia per ‘la risposta’ la portava ad impattare, ancora una volta, una vulnerabilità emotiva, che faceva a pugni con il suo orgoglio, un’inconfessabile zona d’ombra, volutamente trascurata in quell’ultimo anno di lavoro, durante il quale aveva smesso di ascoltare le proprie voci di dentro, e costretto il suo cuore alla funzione prioritaria di pompare entusiasmo e fiducia, perché la paura di non farcela, di fallire, era latente. “Solitudine e coraggio”, il suo mantra, a stigmatizzare l’impatto di scelte non facili e spesso percorse da una insospettabile difficoltà a costruirsi nuove reti di relazioni. Ma adesso in gioco c’era ben altro: un terzo tampone che doveva decidere sul suo futuro, sulla sua incolumità. Ovviamente, in queste settimane di auto-isolamento a causa del Covid-19, tutto il magma di contraddizioni e di ‘chissà’ era riemerso con prepotenza. Aveva fatto del suo meglio per tenerlo a bada, si era attrezzata per inventarsi nuove routine, iniziative di senso che esorcizzassero paura ed angoscia. Ma quello che vedeva intorno a sé era uno spettacolo terribile, e la depressione una minaccia subdola e latente. Il genere umano le sembrava prostrato nel suo delirio di onnipotenza, incapace di fare null’altro che nascondersi in una tana, aspettando e sperando che il nemico si allontanasse, mentre una leopardiana natura matrigna pareva minacciare l’umanità. Per non parlare degli scienziati, tecnocrati e potenti vari della terra, che apparivano umiliati da quell’esercito di invisibili e tenaci virus, e dei racconti colmi di un’umanità sofferente: ultimi saluti, strazianti addii dai cellulari di medici ed infermieri, divenuti i nuovi eroi in una guerra che vedeva le persone finalmente unite per combattere un fronte comune. Solitudine e coraggio. Poi quella frase, una tra le tante, retorica forse, aveva fatto breccia nel suo cuore: “Niente sarà più come prima”. Accompagnata da testimonianze di un’umanità che stava esprimendo il meglio di sé e che reagiva in modo generoso e solidale, le sembrò la cifra della capacità della gente di credere nel cambiamento, adottando stili di vita lontani dalle consuete logiche consumistiche. E Patrizia, che voleva ripartire dal valore morale di questa esperienza, aveva deciso di pensarla come un’opportunità. Solitudine e coraggio: anche adesso, mentre attendeva l’esito di quel maledetto tampone e provava ad intercettare, senza filtri, il proprio cuore, ma lontana da conflitti inutili e superflui, ora che vedeva finalmente con chiarezza quali fossero le priorità della vita. Basta, vivere braccata! Ci voleva l’energia delle cose belle. Riaprire il cassetto dei desideri cominciando, magari, da quell’attività a lungo rimandata: come il decorare la sua camera da letto con degli stencil, per riempirla di fiori. Pertanto, quando arrivò il messaggio dell’Asl, che la informava della sua avvenuta guarigione, la primavera abitava già nella sua casa, quasi fosse la sua anima. Per questo, l’emozione di quel momento ebbe per sempre il colore e la potenza di quelle timide margherite colorate che erano, ormai, sbocciate intorno e dentro di sé, a donarle Primavera.