Il 2020 doveva essere per me l’anno della maturità, dei grandi progetti, ma è stato solo un anno da dimenticare. Ma almeno io, maturanda del 2020, non lo dimenticherò. Non dimenticherò il viaggio mancato, la mancata ansia per le prove scritte e i mancati tentativi di copiare, o ancora l’assenza della notte prima degli esami. Sono stati due mesi senza popolare i corridoi della scuola, senza il suono della campanella “salvavite”, senza gli ingressi alla seconda ora, senza un contatto con i professori e i compagni. All’improvviso le ore scolastiche si sono raddoppiate: il cellulare suona costantemente per ricordami di una videochiamata, una scadenza da rispettare, un esercizio da svolgere e troppe interrogazioni a cui doversi preparare. Quanto è difficile mantenere la concentrazione per un paio di ore mentre si sente provenire dalla cucina l’odore di un dolce delizioso e tu non puoi andare a sbirciare di cosa si tratti perché sei ancora in linea con la classe. Tante volte in questo periodo ho sentito parlare di un’Italia in ginocchio, ma a me piace pensare che, come i bambini, l’Italia sta crescendo e sta imparando a camminare sulle proprie gambe, diventando più grande e più forte. Mi piace pensare che in ginocchio si mette chi ha bisogno di riposare dopo una lunga corsa; ecco l’Italia è in sosta per creare grandi cose, per contemplare la bellezza del suo paese. Ritornerà a correre e parteciperà a una grande staffetta mondiale, solo che adesso ha bisogno di fermarsi un po’, perché in fondo bisogna fermarsi per conoscersi, per riflettere e stendersi a contemplare le stelle. Io per prima ho dovuto fare i conti con la mancanza, mettere in pausa le mie giornate per ritrovare la forza di riprendere a camminare, anche senza la mia nonna. Mia nonna ci ha lasciato in questo periodo, ha deciso di andare via senza poter essere salutata da figli e nipoti. In quella stanza si avvertiva il bisogno di abbracciarsi, invece eravamo tutti distanti, ognuno rannicchiato nel suo dolore, in un angolo della stanza. Tutto ad un tratto la stanchezza di chi fà per alzarsi e non ci riesce, si concretizzava davanti ai miei occhi: nonna non c’era più. Io ero sempre pronta a sentire i suoi racconti, a lasciarmi rimproverare per quella gonna troppo corta o a cantare insieme una canzone. Poi la pandemia, e tutte queste cose non ho più potuto farle: non la vedevo se non in videochiamata, ma ormai era troppo stanca per riconoscermi o parlarmi. Nulla alla fine è andato secondo i piani perché da nonna non ci potrò tornare; manca, qualche giorno più di altri, e vorrei ritornare a sentire i suoi rimproveri, la sua voce mentre mi chiama con nomignoli assurdi, le sue risate rumorose e vorrei riavere quei suoi dolci baci quando le dicevo: “Nonna dammi un bel bacio, devo sentire lo schiocco”. È stato un periodo buio, ma alla fine i bambini imparano sempre a camminare, tornerò a vedere il sorriso di nonna nei miei sogni e la maturità sarà la mia vittoria e la mia libertà.