Avverto intorno un silenzio innaturale in questo pomeriggio di metà maggio in cui la mente indietreggia nei ricordi mettendo a fuoco quei momenti d’inesprimibile disorientamento e confusione quando a fine febbraio si apriva una delle pagine più drammatiche ed inaspettate dal dopoguerra ad oggi, scandendo l’ingresso in un tunnel oscuro dove le uniche cifre di continuità sono state l’ansiosa attesa degli aggiornamenti sull’andamento quotidiano della pandemia e la consapevolezza di essere giorno dopo giorno dei sopravvissuti…

Da quel momento sono trascorsi circa tre mesi, mesi in cui sono cambiate tutte le nostre abitudini piombando in una dimensione di tempo sospeso dove si sono comunque creati nuovi rituali giornalieri che hanno scandito lo scorrere delle giornate.

E sempre più ho avvertito in queste settimane l’immortalità degli oggetti e del paesaggio, perché se fuori i ritmi abituali si sono completamente modificati, gli oggetti casalinghi, invece, nella loro inconsapevole immobilità, si sono configurati come i puntelli di una realtà che in taluni momenti sembrava sfuggirci completamente di mano… Dalla moka per il caffè al barattolo della Nutella, dalla tastiera del computer al caricatore del cellulare, sono stati i nostri più fedeli testimoni, rassicurandoci con la loro presenza, del tranquillo, malgrado tutto, fluire del tempo.

E il panorama, che con la sua immutata presenza mi ha confermato ogni giorno la percezione di essere viva, mentre la luce col trascorrere delle settimane si è andata modificando per l’arrivo puntuale di una nuova stagione, la primavera, poco assaporata e men che meno goduta.

Molte le catene di solidarietà umana per quel bisogno corale di aggrapparsi ad una certezza. Si sono rinsaldati anche rapporti fondati sul dialogo e sulla condivisione di stati d’animo ed emozioni mai provate finora, così come si sono sempre più manifestati i comportamenti polemici e saccenti di tuttologi pronti in ogni occasione a dire la loro sul web, animati da spirito di bastian contrario, molto spesso per il solo bisogno di apparire.

In tutto questo scenario, ora che si cominciano ad intravedere lenti segnali di ripresa, con un graduale ammorbidimento delle misure restrittive, mi chiedo senza riuscirmi a dare una risposta, come sarà il dopo, e quale futuro ci aspetta… Per adesso l’unica certezza è di doverci corazzare come un esercito sbandato ed ancora tramortito dietro mascherine sulle quali si appoggiano occhi che traducono stati d’animo e reazioni delle più svariate… In molti prevalgono espressioni di paura ed incertezza, in alcuni atteggiamenti più spavaldi come eroi vincitori di una grande sfida, in altri domina la preoccupazione accentuata da problemi pratici ed economici di ogni specie ed infine soltanto in qualcuno si riconosce un segnale di fiducia e di ottimismo.

Circola da più settimane la frase che nulla sarà più come prima, e sono certa che purtroppo è una realtà… E mentre il silenzio fitto di questo pomeriggio fa da sottofondo complice a tante riflessioni, sfilano nel mio animo alcune immagini che resteranno indelebili, dalla processione dei camion diretti all’Ospedale del Mare per montare le terapie intensive alla struggente immagine del Papa in una Piazza San Pietro piovosa e deserta di un pomeriggio d’inizio aprile, dalle immagini dei tanti infermieri al capezzale dei loro assistiti alle piazze completamente vuote e solitarie delle ultime settimane.

Mi piacerebbe immaginare che ognuno di noi, forte di quanto ha vissuto, possa riaffacciarsi alla vita con spirito nuovo, interiormente arricchito, con un approccio più umano e attento, e con una maggiore accoglienza verson gli altri, ma non ne sono del tutto convinta per il timore che purtroppo, mai come in questo caso, nulla sarà più come prima!…